Mentre scrivo le mie considerazioni sulla Maker Faire Rome appena conclusa, mi sto sforzando di trattenere tutte le impressioni e le sensazioni vissute.
Le persone che ho incontrato, il loro entusiasmo, i progetti e le “invenzioni”: vederli insieme ha reso l’Auditorium Parco della Musica di Roma un luogo davvero magico.
Sono un sopravvissuto della prima edizione. L’anno scorso volevo capire meglio cosa fosse il mondo dei makers. Quest’anno avevo alle spalle il lavoro che stiamo facendo al www.faberlab.org
Attraversare gli spazi e quelli che possono definirsi “stand” significava entrare in un mondo di idee realizzabili e realizzate, dove la tecnologia evolutiva andava a braccetto con la festa e la gioia del “poter fare”.
Si perché l’analisi non può prescindere da un piccolo paragone con l’edizione 2013.
Ho visto rispetto all’anno scorso una maturità diffusa dei progetti, delle iniziative. Ho visto makers, artigiani innovatori e produttori di tecnologia a fianco a fianco, uniti da un tratto comune: la passione per fare le cose, come se dentro alle tempeste della crisi avessero capito (e riconosciuto reciprocamente) che sono vicini e simili per l’entusiasmo, la tenacia (la testardaggine), per la passione che mettono nel lavoro, nel voler realizzare degli oggetti, alcuni partendo dalle mani e altri dalle macchine digitali.
Stavano fianco a fianco, senza che si percepisse alcuna distanza: gli alternativi radicali dell’open antisistema, gli smanettoni che ti immagini appena usciti da un garage che fanno il loro senza preoccuparsi del resto, i fablab che prima di costruire oggetti creano spazi perchè le idee possano prendere forma, quelli che hanno un progetto e pensano alle StartUp.
E tante imprese classiche che provano a fare innovazione cogliendo gli aspetti positivi di questo movimento.
Nello spazio Artigiani Innovatori c’erano un progetto e un’azienda legate in modo stretto allo spazio che come Confartigianato Varese abbiamo aperto a Tradate.
Il progetto C’monboard: un’invenzione di due ragazzi di Tradate, Cecilia e Matteo, che hanno motorizzato uno skate con ARduino. Hanno frequentato il corso che abbiamo organizzato al Faberlab lo scorso anno e si sono fermati anche nei mesi successivi per stampare molti dei componenti per la realizzazione del loro progetto.
L’azienda è Byomusic – Build Your Own Music, una crew di musicisti, designer, artigiani e tecnici del suono che offre servizi online per realizzare e personalizzare i propri strumenti musicali.
Questi sono due esempi che mi riguardano da vicino, ma la maggiore attenzione verso la dimensione business era condivisa, così come la tanta legittimità a trasformare una passione in attività imprenditoriale, soprattutto fra i giovani.
Come se nel panorama di profonda difficoltà nel trovare lavoro, ci sia in Italia (e nel mondo) una generazione che ha deciso che a questo punto si possa anche rischiare di inventarsi un lavoro, coltivando un interesse (e in questo mi ricordano molti gli imprenditori che nei decenni passati si sono inventati aziende coltivando le loro passioni).
Ora, tornando al Faberlab, guardando le nostre stampanti e scrivendo questo post, sono convinto che la direzione sia stata tracciata, che il digitale stia impattando sempre più intimamente nel manifatturiero, in modo irreversibile.
E penso che da Roma, questo weekend, sia passato un pezzo importante di #futuroartigiano.
Angelo Bongio