Come già sapete, stiamo lavorando alacremente a un progetto chiamato Berto为Shanghai.
In pochissime parole, vorremmo approcciare quella città, quel mercato, quel mondo – per noi straordinariamente stimolante – e vorremmo farlo con una modalità corretta, che ci permetta di arrivare in qualche modo preparati.
Se fosse un viaggio di piacere, parleremmo di cosa ci mettiamo in valigia…
Invece è un viaggio di internazionalizzazione di una PMI, e quindi ci pare più opportuno parlare di cosa ci mettiamo… nel cervello!
Con quali strumenti, con quale atteggiamento mentale – con che mindset direbbero gli anglosassoni – una tappezzeria sartoriale della Brianza affronta un mercato di 26 milioni di persone dall’altra parte del pianeta?
Noi pensiamo che anche quella cifra così imponente sia composta di tante unità, e cioè di tante persone.
E siamo convinti che ci siano più cose che ci uniscono di quante, al contrario, ci dividono.
Ma su questo ultime, le cose che possono dividere, è bene non sbagliare.
Senza fare nomi, abbiamo già visto casi, anche molto noti di brand iperconosciuti, scivolare malamente su aspetti culturali che nella comunicazione erano stati forse sottovalutati.
Per tutti questi motivi – e anche perché riteniamo sia sempre una buona idea, Cina o non Cina – abbiamo deciso di andare a Shanghai non con l’atteggiamento di chi vuole vendere a tutti i costi, ma con quello di chi vuole capire a tutti i costi.
Di qui l’idea del crowdcrafting, della realizzazione artigiana “collettiva”, diciamo così, insieme a persone abitanti in quella città, così da fare insieme questo primo passo, simbolico ma anche molto concreto: la creazione di un “divano per la città”.
Tale processo inizia tra pochi giorni, durante la Design Week, qui nel nostro showroom Berto Salotti di Meda.
E veniamo al dunque: cosa ci mettiamo nel cervello prima di partire per questa nuova avventura.
Beh, dicevamo di voler capire a tutti i costi, e chi vuole capire ha uno strumento: domandare.
Abbiamo chiesto.
Semplicemente, umilmente, abbiamo fatto alcune domande.
Ci siamo rivolti a una selezione di contatti cinesi che – bontà loro – hanno accettato di essere nostri interlocutori, e abbiamo iniziato così, rivolgendo loro alcuni quesiti, relativi sia a come vivono la casa, il comfort, gli arredi, sia alle loro abitudini di acquisto, in relazione o meno ai prodotti di design italiano.
Non si tratta di un “Focus Group”, come usava fare anni fa, ma di un avvio di conversazione.
Le stesse persone, infatti, che hanno risposto ai nostri questionari, saranno con noi il 10 aprile, davanti a un foglio bianco, a un tappezziere e a un designer italiano per provare – insieme a noi – a mettere in pratica quelle risposte.
Stay tuned!