Sono trascorse alcune settimane dalla serata “Quale futuro per l’artigianato locale” tenuta a Meda il 21 marzo scorso.
Dopo aver sedimentato impressioni e informazioni nate da quell’incontro, ecco quel che ci sentiamo di sottolineare e riportare all’attenzione di tutti, nella speranza di aiutare un dialogo.
Un dialogo tra noi, un dialogo con l’esterno, un dialogo tra tutti coloro che hanno a cuore la nostra meravigliosa città.
La nostra piccola esperienza ci ha insegnato che proprio i canali di conversazione online come questo blog (e in generale tutti gli scambi che avvengono costantemente sui “social”) possono essere, se usati con consapevolezza e responsabilità, strumenti essi stessi di miglioramento .
Ecco quindi le parole, tra tutte quelle che sono state pronunciate dagli importanti personaggi presenti in sala – che più ci sentiamo di sottoscrivere e rilanciare, a cominciare da… un semplice articolo pubblicato online come questo 🙂
L’assessore Fabio Mariani ci ricorda che l’unicità identitaria – nel lavoro – del nostro territorio viene da lontano: addirittura dal 1700, e dà luogo, nel tempo, a un connubio artigianato + industria che non è frequente nel panorama generale.
Inoltre, ricorda come sia attiva l’iniziativa di far partecipare ragazzi di terza media ad alcune giornate di lavoro presso le aziende, dove i giovani possono a capire la dimensione attuale, spesso più innovativa di quel che si pensi, dell’artigiano oggi. Un progetto curato dal Centro Formazione Professionale, presente al dibattito.
Il sindaco di Meda, Luca Santambrogio, esordisce rilevando un aspetto che tutti noi – imprenditori e professionisti – conosciamo bene: l’enorme differenza tra i tempi delle istituzioni e quelli del mercato, che dettano alle aziende un’agenda infinitamente più stringente di quella istituzionale.
Si tratta di qualcosa che viene subito con malessere anche all’interno delle istituzioni, dove ci si rende perfettamente conto di questo grave problema.
Prendendo un punto di vista vicino al territorio, poi, Santambrogio fa presente come in città il coinvolgimento “fuori dai cancelli” delle realtà aziendali non sia solo un modo di contribuire magari all’arredo urbano, ma anche di nutrire una narrazione aziendale che ha ben compreso l’importanza di raccontarsi nel modo giusto, come è opportuno fare oggi, in tutti i settori.
Infine, un messaggio alle famiglie:
partecipate alla vita delle aziende, portate i figli, fate capire come il lavoro degli artigiano non sia assolutamente subalterno ad altri percorsi di studio.
Un’esortazione che si ricollega molto bene a quanto fatto notare dall’assessore Mariani, relativamente all’iniziativa del CFP.
È poi Maria Pia Colombo a riprendere il concetto del valore, in particolare umano, del lavoro artigiano, con una osservazione che non potremmo condividere di più, e cioè:
Il lavoro artigiano – alla fine – è inerente alla costruzione di un capitale umano, che sta alla base di tutto.
Questa la conclusione, a nostro avviso molto importante, del suo ragionamento, che ha visto analizzare la vera essenza del lavoro artigiano.
Secondo Maria Pia Colombo, questa non va identificata meramente con la capacità tecnica di risolvere problemi, magari con risorse limitate, ma va vista in chiave più ampia, in quanto è da considerarsi creatività, non capacità tecnica.
La parola ritorna quindi alle istituzioni con il consigliere di Regione Lombardia Alessandro Corbetta, il quale fa notare due aspetti, l’uno allarmante e l’altro in qualche modo rassicurante.
Corbetta ci dà infatti il durissimo dato della perdita del tessuto imprenditoriale locale di questi anni – il 20% – ma anche l’informazione che l’occupazione è ritornata a livelli pre-crisi, nonostante le pesanti perdite subite dall’economia del nostro territorio.
Nel suo intervento, inoltre, ricorda che vi è da parte delle istituzioni un preciso impegno a sostenere le aziende, e ciò si concretizza in varie forme di incentivazione. Quello che fa specie, e dispiace, è che sono pochi ad essere a conoscenza e quindi ad avvantaggiarsi di queste misure: un fronte su cui lavorare in termini di divulgazione.
Con Pietro Galimberti della Flexform, ritorna il punto di vista aziendale, riportata da uno dei brand più rilevanti e noti.
Proprio parlando delle origini di questa storia di grande successo internazionale, colpisce sentir dire che anche Flexform era una bottega, agli esordi.
Forse,poi, colpisce ancor di più quel che segue sentir Galimberti affermare che le nostre grandi aziende, quelle che noi consideriamo importantissime anche in termini dimensionali, su scala globale non sono che piccole aziende artigiane.
Galimberti riporta infatti, con linguaggio molto vivido, le impressioni davanti a fabbriche asiatiche di dimensioni di decine di volte le nostre, attive nel realizzare prodotti proposti sul mercato a prezzi… decine di volte inferiori ai nostri.
Questa sproporzione – dice Galimberti – deve portare la nostra attenzione, ancora di più, sempre di più, su quella “qualità italiana” frutto della creatività che nessuno può copiare.
E ancora, prima di cedere la parola, un concetto che forse più di ogni altro ha sempre ispirato anche le nostre attività di marketing:
Il saper fare, senza il far sapere, non vale nulla.
La discussione viene poi riportata su un punto che sentiamo particolarmente – noi come tutte le aziende con forte tensione verso il futuro – da Angelo Vincenzo Longo, direttore del CFP – Centro Formazione Professionale: i giovani.
Un discorso che ci tira in ballo, e ne siamo felici.
Longo infatti lancia la provocazione dell’azienda come luogo di formazione, e tutto sommato ci fa piacere ripensare alle diverse iniziative di crowdcrafting portate avanti nel tempo da noi di BertO (una delle quali in fase di lancio proprio al prossimo Salone del Mobile, tra pochi giorni), in cui la “formazione all’artigianato” è stata proposta in azienda e con l’azienda, sia a giovani, sia a target più allargati e generici.
Saremo riusciti a fare, anche noi, il nostro dovere di formatori in azienda, come giustamente evidenziato dal prof. Longo?
La discussione, come si vede ricchissima di spunti di riflessione, prosegue con Antonello Minotti di Vefer spa.
Il suo punto di vista è particolarmente interessante perché è l’unico degli imprenditori presenti a rivolgersi, con la sua produzione, solo ad altri imprenditori: la strategia di Vefer, in un certo senso, sta a monte di tutte le strategie di tutte le imprese dell’imbottito.
L’esperienza di molti anni sul territorio – “sono di Meda anche se abito a Lissone” chiosa divertito – porta Minotti a sottolineare come la strategia vincente sia sempre di lungo periodo.
A questo proposito racconta di come ha visto sorgere e precipitare comparti produttivi analoghi a quelli brianzoli in altre parti d’Italia, traendone le conclusioni che il lavoro senza ottica di media-lunga durata è destinato a fallire.
Al contrario…
Noi, con tutti i nostri difetti, siamo ancora qui.
Alessio Minotti dell’omonimo brand prende poi la parola, mettendo davanti al suo intervento il segno positivo di una realtà che esporta in 50 paesi del mondo, arrivata a farlo con un sano percorso di imprenditoria familiare nell’arco di tre generazioni.
Anche Minotti ha parlato del fattore competitivo principale che contraddistingue in fondo tutte le aziende italiane di successo: la capacità creativa, unita – nei casi come quello della sua azienda – alla “maniacalità qualitativa”, espressione che anche noi sentiamo particolarmente.
Infine, ultimo solo in scaletta ma non certo in importanza, Giorgio Origgi di Stil Salotti enfatizza un concetto secondo noi assolutamente chiave: quello del Network, della Rete collaborativa.
Esemplare, in questo senso, il percorso della sua azienda, passata da un team interno ristretto a un’articolazione collaborativa che vede attive ben 30 aziende artigiane, che portano avanti in sinergia il lavoro dell’azienda di Origgi.
È bello, secondo noi, concludere questa piccola rassegna di parole e concetti importanti con una visione che ci vede insieme, partner di un territorio e in grado di sviluppare progettualità comuni.
Non facile, ma… è forse facile il mestiere di imprenditore?