Il Made in Italy è un concetto strano, è una di quelle idee che prende luce diversa a seconda dei punti di vista.
Ci capita spesso, specie ultimamente che abbiamo concentrato le energie sulla distribuzione, di riflettere su questo importante patrimonio che condividiamo con tanti altri, sul mercato e nella vita.
Dal punto di vista della politica, è – da anni – una specie di briscola pigliatutto, una formuletta magica che, grazie alla capacità produttiva e generativa del nostro territorio, non manca mai di dare soddisfazione.
Dal punto di vista di chi vende all’estero con un marchio italiano, è di certo un’etichetta prestigiosa, di cui andare fieri.
Dal punto di vista di chi vende all’estero senza essere italiano né avere nulla a che fare con l’Italia, è un buon metodo per cercare una scorciatoia per guadagnare fiducia e reputazione in termini di qualità del prodotto, anche se spesso quella qualità non ha nulla a che vedere con la nostra.
Del resto è un fenomeno, questo, di cui si occupano spesso i media e gli osservatori, noto come Italian Sounding.
Ma del punto di vista degli italiani che acquistano in Italia, nessuno sembra preoccuparsi più di tanto.
In quest’ultimo periodo ci stiamo riflettendo molto, ora che stiamo scommettendo forte proprio sui territori intorno a noi.
Non l’America, non l’Asia, non l’Europa. Piuttosto il Triveneto, il Centro Italia, la Brianza e il Piemonte.
Pensiamo che nessuno se ne occupi davvero perché per un italiano – sia egli romano, milanese, siciliano, veneto, piemontese, pugliese, sardo, romagnolo – la qualità della produzione italiana è qualcosa che semplicemente c’è, esiste.
Chiunque abbia avuto la fortuna di nascere nel nostro bellissimo e straordinario paese, è venuto al mondo in un ambiente che la qualità artistica, la sensibilità al bello e – a livello manifatturiero – la miglior capacità del pianeta la incontra mille volte al giorno.
Noi ci occupiamo di su misura, di sartoriale: e chi, in Italia non conosce il valore di un abito tagliato bene, di un capo disegnato come si deve, di una giacca che cade a pennello?
I nostri stilisti l’hanno insegnato al mondo, ma spesso sono state le nostre mamme, zie e nonne a costruire quel know-how, tra un caffè e una chiacchiera tra amiche.
La moda? Nel sangue, prima che nelle boutique.
Vogliamo parlare di Design industriale?
Dite voi in quale campo – dall’automobilistico all’elettrodomestico via via fino all’arredo – gli italiani non sono stati, e sono tuttora, maestri indiscussi.
E non iniziamo nemmeno a parlare di lifestyle: buon bere e buon mangiare, saper vivere, dialogare con le arti e interpretare lo spirito del tempo.
Dove, più che in Italia, si è maestri di tutto questo? In nessun posto.
Ecco perché, nel momento in cui la nostra azienda apre showroom BertO Salotti in Veneto e in Piemonte, affiancando questi nuovi showroom a quelli esistenti a Roma, in Brianza e in Emilia, ci viene da pensare che lo scenario con cui questo nostro sistema distributivo si sta confrontando non sia tanto una città o una regione, in realtà, ma il mondo della qualità straordinaria, l’universo dell’inarrivabile, la dimensione culturale del bello assoluto.
In un paese esotico, difficile, sofisticatissimo e disincantato che si chiama Italia.
E ce la metteremo tutta.
Filippo Berto