Come annunciato qualche giorno fa, ieri 3 maggio è stato il giorno in cui – alla presenza del Sindaco Luca Santambrogio e dell’Assessore alla Cultura Fabio Mariani – Filippo Berto ha avuto l’onore di presentare il suo libro “Made in Meda – Il futuro del Design ha già mille anni” proprio nel cuore della città.
La sala era strapiena, come si vede dalle foto che accompagnano questo articolo, e già questo ci ha fatto un enorme piacere… ma quello che ha riempito noi, nonché tutti i presenti, di una gioia euforica, è stata la presenza di un bel gruppo di ragazze e ragazzi della Scuola CFP Terragni di Meda, tutti schierati nella parte alta della sala, attentissimi ed interessatissimi.
Ora, se pensiamo che sono molte le aziende del nostro territorio che lamentano lo scarso interesse e motivazione delle giovani generazioni, possiamo dire che forse questo trend sta cambiando, i nostri ragazzi e ragazze ieri ci hanno dato un gran bel segnale su questo tema: un grazie speciale va innanzitutto a loro.
Ulteriore ringraziamento, profondo e di cuore, va poi a chi – testimone storico del territorio – ha voluto prendere la parola per ricordarci la forza e l’importanza di Meda nella storia del Design: citiamo a questo proposito Osvaldo Minotti e Felice Asnaghi, cui il pubblico presente ha tributato calorosissimi applausi a seguito dei loro interventi.
E naturalmente, prima di passare agli interessanti contenuti della serata, non può mancare una parola di riconoscenza verso l’amministrazione comunale, nelle persone del Sindaco Luca Santambrogio e dell’Assessore alla Cultura Fabio Mariani, che hanno voluto ed organizzato questo incontro,
Ma entriamo senz’altro nel merito dei vari argomenti su cui si è incentrata la serata, moderata ottimamente da Roberta Cassina, responsabile comunicazione di Confartigianato Lombardia.
A inizio incontro, Cassina ha stimolato Filippo chiedendogli “cos’aveva fatto per attirare così tanta attenzione, in particolare da parte dei giovani“, al che la risposta di Filippo ha subito portato il focus sul cuore di tutta la questione: le passione per il lavoro e le radici millenarie di Meda.
La sua riposta è stata infatti:
“Cos’ho fatto… ho lavorato sodo, come mi hanno insegnato mio papà e mio zio, e come fanno tutti qui a Meda… in più ho avuto una fortuna.
Quella di capire, forse in maniera un po’ particolare che valore c’è qui intorno a me, intorno a noi.
Le nostre aziende, le nostre botteghe, i nostri artigiani, insomma il lavoro che si fa qui a Meda ha un valore che molti di noi danno per scontato, quasi che fosse normale. Non lo è! Tutto il mondo ci ammira, ci studia…
Ecco: questo mi ha colpito profondamente negli anni, al punto che sono arrivato a voler scrivere un libro per “riaccendere la luce” sul meraviglioso potenziale della nostra città.
Un potenziale che ha tutte le carte in regola per un futuro straordinario, sai perché?
Perché ha mille anni di talento dietro le spalle.
L’ho capito mentre studiavo per il libro, con l’aiuto di tante persone – cito lo storico Felice Asnaghi, che è stato importantissimo, e ringrazio, ma sono stati in tanti ad aiutarmi – ho capito quanto sono profonde le radici del nostro talento, della nostra passione.“
Al che, la replica ha citato il “Filippo bambino” che è richiamato all’inizio del libro, con la poetica immagine dell’autore del libro, nei primi anni della sua infanzia, mentre gira per Meda con la sua biciclettina ed ammira quel lavoro che caratterizza ogni cortile, ogni laboratorio.
Alla domanda “a cosa si deve questa passione per la dimensione della bottega, da parte di uno spirito creativo come il tuo?“, Filippo ha riposto con queste parole:
“Roberta, fondamentalmente è una questione di identità… se non sei di Meda, può essere difficile capire perché un ragazzino si entusiasma a vedere quella che è, fondamentalmente, della gente che lavora… ma al contrario, se nel DNA hai quel talento, quella capacità, viene spontaneo riconoscersi, e rimanere coinvolti.“
A questa osservazione Cassina, provocatoriamente, chiede a Berto se quei giovani che frequentano ora la scuola hanno la stessa ammirazione per l’imprenditore che magari vedono passare per strada…
“A mio parere ce l’hanno” – risponde Filippo – “ma vorrei dire una cosa.
La responsabilità di questo non è loro, ma nostra.
Siamo noi che dobbiamo saperli ispirare, saperli coinvolgere, e non sempre siamo sufficientemente attenti a questo aspetto.“
Spostando poi il dibattito sulle peculiarità del modo di lavorare di Filippo, la domanda successiva lo stuzzica su un approccio un po’ “fuori dalle righe” che spesso ha contraddistinto le scelte del nostro CEO.
Chiede infatti Cassina: “Filippo, racconti della tua esperienza sulle spalle dei giganti (i maestri medesi) e tracci una storia, la tua storia, fatta anche di svolte, di lunghi passi repentini, compiuti senza avere perfettamente il bilancio di tutti i pro e contro. Amo il termine che scegli, citando Cevoli: ignorantezza… cioè quando il desiderio supera la razionalità e ti porta là dove non avevi preventivato. Funziona davvero che la gratuità, è fare le cose senza pesare fino all’ultima briciola il tornaconto?“
“Guarda Roberta, posso dire che dare spazio all’istinto, al desiderio, al cuore, funziona.
Però occorre stare attenti – siamo a Meda, città che insegna a fare i conti… – non possiamo dimenticare appunto la necessità di fare questi benedetti conti. Alla fine della giornata dobbiamo essere consapevoli di questo, però a volte è opportuno anche essere generosi.
Una delle cose più belle che abbiamo fatto in questo senso (e che poi ci ha anche portato tornaconto, ma inaspettato, non calcolato) è stata la realizzazione di un divano tutti insieme, condividendo le fasi di lavorazione, a beneficio di una iniziativa di beneficenza rivolta ai giovani di Managua in Nicaragua, dove – grazie al nostro “divanoXmanagua” abbiamo fatto nascere una realtà di formazione importante su quel territorio.
Tutto questo ci ha portato un tornaconto di visibilità e di consapevolezza, tant’è che poi abbiamo iniziato a fare il “crowdcrafting” (come si chiama questo tipo di modalità lavorativa) in modo stabile, svolgendo diversi progetti in altre parti del mondo, e mettendo a regime la possibilità, per tutti i nostri clienti, di entrare in laboratorio e svolgere alcune fasi di lavoro insieme ai nostri Maestri Tappezzieri.”
E si è quindi arrivati al tema che quasi ogni azienda italiana si è posta, almeno una volta: l’internazionalizzazione.
Sull’argomento, lo scambio ha subito coinvolto le famose “10 tesi per il Made in Meda del futuro” che concludono il libro, là dove si cita che “internazionalizzazione è un concetto superato, con il digitale“.
Ecco l’intervento di Filippo:
“Sì, pensiamo che non si tratti di “internazionalizzare qualcosa” bensì di “essere internazionali” noi, nell’approccio.
Mi riferisco al fatto di essere consapevoli che oggi, qualunque cosa fai, dici, proponi al mercato, non ha più confini… e in questo per noi è stata fondamentale la Rete.
Da quando siamo online – e lo siamo stati tra i primi, come sai siamo Google Ambassador – abbiamo capito che ogni interlocutore può essere dietro l’angolo come dall’altra parte del pianeta, abbiamo imparato ad ascoltare e a metterci sempre la faccia in tutto ciò che facciamo, senza pensare se quell’incontro online, quella conversazione sul web, si svolge sotto casa o in Australia.
Noi cerchiamo molto di impegnarci in questo, e piano piano abbiamo portato quel modello di relazione – senza confini, senza magari nemmeno sapere bene dove sia il tuo interlocutore – in tutto ciò che facciamo.“
Arriviamo quindi a un altro concetto presentato nel libro: la cosiddetta “relazione sartoriale“. Cassina ha chiesto di spiegare meglio questo concetto…
“La relazione sartoriale, per noi, è come la tappezzeria sartoriale.
Così come il tuo salotto possiamo farlo solo per te, in modo unico, anche la relazione che abbiamo con te, deve essere sartoriale.
Ancora una volta, torno a ribadire, è questione di saper ascoltare.
Se ascolti il tuo cliente, sarà lui a guidarti nella realizzazione del suo personale sogno…
Se non ascolti, la relazione diventa standard, e anche il tuo prodotto sarà standard.
Non è semplice, noi investiamo tante risorse in questo, ma saper ascoltare è alla base di un modo sartoriale di fare, di produrre.
Secondo noi il modo del futuro… la tecnologia ci permette qualunque cosa, a livello tecnico… a noi rimane la cosa più importante: capire il sogno di chi abbiamo davanti.“
Infine, ultimo argomento di una conversazione che ha coinvolto tutte le persone in sala, con momenti anche molto intensi, il futuro.
Chiede Cassina: “che futuro disegna per il nostro Paese il suo DNA, fatto delle tante piccole imprese che hai incontrato e racconti nel libro? Che cosa ci riserverà l’intelligenza diffusa e contributiva, aperta al bene comune, dell’artigianato e del saper fare?“
“Dipende da noi.
Vorrei rispondere con una parola sola, e questa parola è SCUOLA.
Ma c’è anche tanto altro… noi imprenditori abbiamo grandi responsabilità, nel far capire il valore che ci circonda, che abbiamo dentro… anche da questo è nato il libro.
Meda è un caso unico al mondo, ma l’Italia è tutta così, abbiamo know-how eccezionali e spesso non siamo così bravi come dovremmo a valorizzarli.
Noi ci impegnamo, sul nostro territorio, partendo da quello che abbiamo in casa e nel cuore.
Abbiamo la fortuna di essere a Meda, è nostro dovere, verso noi stessi e i nostri figli, ribadire che è la capitale mondiale del Design, e fare di tutto perché questa percezione continui a crescere, attraverso un lavoro qualitativamente eccezionale, come del resto siamo abituati a fare.
Penso che tutti dovremmo imparare a capire, amare e valorizzare quello che ci circonda… secondo me possiamo puntare molto in alto, se ci crediamo.”
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