Brianza anni ’70: dalla bottega ai campi di calcetto.

Era il 1976, al più tardi 1977. Meda, osteria.

All'osteria dopo la partita BertO vs CitPiuma

La foto è stata scattata da mio zio Giorgio (Carlo Berto n.d.r.) dopo una partita di calcio a 7, una delle tante che si disputavano all’epoca. Le squadre erano organizzate, portavano orgogliosamente il nome dell’azienda sulla maglia e partecipavano a molti tornei nella zona. Come spesso accadeva, indipendentemente dal risultato, le partite finivano in osteria a festeggiare tutti insieme.

Quella sera si erano scontrate la BertO contro la Citpiuma, storico nostro forniture di imbottiture. 

Scendevamo in campo con la nostra miglior formazione:

Giorgio Berto in porta
Fioravante Berto libero
Flavio Cairoli (#KingFlavio: “giocavo alla Oriali: finchè il fiato teneva facevo il mediano, poi ero a servizio della squadra”)
Fabrizio Boscato detto Bicio in difesa, ma copriva con dignità tutti gli altri ruoli se serviva.

La maglia della squadra di calcio a sette BertONel 1976 eravamo in quattro in azienda e non arrivavamo ad avere una squadra intera. Capitava quindi di chiedere in prestito giocatori. Se ci scontravamo contro i falegnami, chiamavamo i gommari. Quando si incontrava i gommari, chiamavamo in squadra i falegnami.

Quella partita è finita male. Le abbiamo prese.
7 a 1 per Citpiuma.

Quegli erano anni fantastici, c’era tantissimo lavoro. Citpiuma veniva forse due volte al giorno a consegnarci cuscini e imbottiture. Era una produzione spaventosa. Lavoravamo per clienti importanti dell’epoca che ci davano ordini continui.

Solitamente si produceva lo stesso modello in grandi quantità. L’unica differenza era il colore della fodera. Due o tre varianti al massimo. Il modello che meglio ha rappresentato il periodo era il mitico Condor Alto che producevamo in grandi quantità.

Grande produzione, pochi modelli e soprattutto gioia di lavorare con pochissimi problemi. Non avevamo la preoccupazione di portare a casa il lavoro. Bastava solo aver voglia di darsi da fare e, nonostante i ritmi fossero molto accelerati, si trovava il tempo per divertirsi insieme. Si trovava il tempo per farsi una partitella all’ultimo sangue e trovarci anche dopo il lavoro.

Quando mio zio mi ha mostrato la foto e intorno avevo Flavio e Luigi si percepiva dai loro racconti tutta la magia di quegli anni.
Flavio: “Giorgio, ti ricordi quando il Crosti, quello che faceva i divani letto, ti ha fatto gol all’incrocio e ti ha detto: Berto, questa palla ha girato a riccio di letto”
Giorgio: “Si si si. Quando erano forti non ce n’era per nessuno”

E’ un bel ricordo, senza retorica, ma con un pizzico di nostalgia per quel periodo.
Pier Luigi Pistore, Flavio Cairoli e Giorgio Berto nel laboratorio BertO di Meda

2015
Se dovessimo organizzare una partita oggi copriremmo tutti i ruoli, panchina compresa.
Siamo cambiati tutti da allora. La nostra produzione è cambiata. Si produce sartorialmente: un pezzo alla volta, ogni modello è diverso, con specifiche e gestioni differenti come la vendita, logistica e produzione personalizzata. Anche il marketing è personalizzato. E’ un racconto tutto diverso. E’ un lavoro completamente diverso.

In questi giorni trascorro la maggior parte del mio tempo in laboratorio a dare una mano per agevolare il lavoro e portare a termine commesse importanti. Casualmente sono produzioni seriali: modellistiche nostre destinate a due hotel molto importanti (uno ai Caraibi e l’altro in Svizzera). Decine e decine di pezzi. Siamo completamente rasi di materiali, cuscini, fusti. Fino al tetto.

La Tappezzeria sartoriale BertO invasa di cuscini
Passando tanto tempo qui vedo che tutto sommato non è cambiato molto. Si lavora con il sorriso, si cerca di fare il massimo, non si guarda l’ora, si sta qui finché non c’è da finire in un bellissimo clima. Mi ritengo molto fortunato perché ho dei collaboratori fantastici.

Dall’altro lato penso alla foto, a Flavio neanche ventenne e ai ragazzi di oggi e mi vien da dire “Ragazzi cosa vi state perdendo, ma quanto è bello questo mestiere”. Il citofono non suona più come una volta, quando alla domanda “chi è?” si rispondeva: “sono un ragazzo e mi piacerebbe lavorare con voi e imparare il mestiere”.

E’ adesso che ne abbiamo bisogno. E’ ora che quel pizzico di nostalgia chiuda il cerchio e ritorni come là in osteria, con un gruppo di ragazzi che lavorava da pazzi, con orgoglio, e usciva la sera a giocare a calcio con il sorriso.
Dai ragazzi, fatevi avanti!

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