Quando una serie di punti vendita diventa un sistema distributivo?
Che cosa distingue un modello da un altro, nella distribuzione commerciale?
Qual è la cultura aziendale più adatta a inserirsi commercialmente sui vari territori del nostro paese?
Domande a cui la nostra azienda – ce ne rendiamo conto ora che il modello distributivo BertO è una realtà concreta – ha dato risposte diverse in tempi diversi, non sempre ponderate e razionali, ma che sono giunte forse in questi giorni a una sintesi definitiva.
Sabato 13 gennaio scorso, a due mesi dall”apertura dello showroom BertO di Torino, abbiamo aperto a Padova.
Dopo lo showroom presso la nostra sede di Meda (Monza Brianza), lo showroom di Roma, il punto vendita esclusivo di Parma, con Torino e Padova ci sentiamo di aver reso reale, concreto, vero l’approccio nato tanti anni fa, nella polvere di un laboratorio tappezziere della Brianza.
Allora ci dicemmo: “Forse, se ci impegniamo, se siamo bravi con Internet, se riusciamo a tenere alta l’asticella della qualità, la Rete ci permetterà di raggiungere persone che non conosciamo, anche in paesi lontani, e potremo proporre loro pezzi esclusivi, realizzati su misura grazie alla maestria dei nostri artigiani“.
E ci buttammo a capofitto in un’avventura complessa e affascinante, che vedeva una parte delle risorse aziendali impegnate nel laboratorio di tappezzeria sartoriale (come sempre) ed una parte di risorse, piuttosto consistente per una PMI come noi, impegnate in un laboratorio di comunicazione (come mai fatto prima di allora).
Sono stati anni convulsi, intensi e a tratti eccezionali, durante i quali abbiamo capito sulla nostra pelle, sui nostri orari di lavoro, sui nostri personali carichi di lavoro cosa intendessero dire i nostri fondatori quando ci dicevano: “Solo una cosa conta: il cliente“.
L’abbiamo capito mentre i blog ci portavano a Meda i commenti di interlocutori tedeschi, israeliani, americani, asiatici, russi.
L’abbiamo capito mentre Google ci permetteva di essere visibili – senza se e senza ma – a coloro che cercavano arredi bespoke da New York a Mumbai.
L’abbiamo capito mentre persone su Facebook, Twitter ,Instagram, YouTube, Pinterest e su tutti i social network che abbiamo imparato a frequentare ci onoravano della loro attenzione e, talvolta, anche della loro preziosa interazione.
(Non abbiamo perso il filo del discorso, è che per arrivare a Padova, in questo post, occorre passare dal resto del mondo).
Nel frattempo, tutta questa attenzione comportava un imperativo morale: essere bravissimi.
Non che non fossimo bravi, ma lentamente, inesorabilmente, abbiamo compreso come aprirci al mondo volesse dire accettare il confronto.
Con chi?
Con tutti.
E sappiamo bene quanta gente brava c’è al mondo, in tutti i settori.
Noi, dalla nostra, abbiamo però varie frecce, parecchi valori importanti.
Intanto, il mestiere dei nostri maestri artigiani.
A chi abita in Brianza (come anche a chi abita in Italia) certe vette qualitative non fanno effetto: ci siamo nati, ci viviamo in mezzo.
Non è così per chi sceglie un pezzo artigianale dall’Indonesia, dal North Carolina, o anche semplicemente da Zurigo o da Francoforte.
L’Italia, la Brianza c’è, c’è tantissimo, c’è più che mai, anche se noi Italiani non sempre ce ne ricordiamo.
Poi c’è il team, la squadra.
Gente motivata e preparata, che l’azienda BertO si sforza costantemente di evolvere in termini di formazione, know-how, capacità di gestire i processi.
A tutti i livelli, dall’art direction delle collezioni a chi gestisce la logistica, a chi si interfaccia con i clienti, in tutti i possibili modi che la tecnologia oggi ci offre.
Tutti, indistintamente, fanno la loro parte nel far crescere l’azienda ogni giorno.
E le idee.
Non stiamo ad elencarle, chi vuole approfondire il nostro concetto di “produzione aperta” o di “shworoom dedicato alle passioni” può farlo con un semplice click.
Qui basti dire che senza idee non si cresce, non si vive.
E, dato che parliamo di distribuzione commerciale: non si vende.
Veniamo al dunque.
Con l’apertura della quinta realtà BertO sul territorio italiano, la nostra azienda si sente ora confidente nell’affermare che “abbiamo un modello distributivo“.
Ecco perché ci sembra di poter rispondere a quelle domande iniziali, ovviamente dal nostro punto di vista, che stiamo verificando sul campo (certo non abbiamo né l’arroganza né la capacità di dare risposte valide per tutti).
• Quando una serie di punti vendita diventa un sistema distributivo?
Nella nostra esperienza, si può parlare di modello distributivo quando si trova una metodologia, un approccio coerente alla proposta commerciale di un brand.
Una modalità operativa e strategica che permetta di avvicinarsi a un territorio nuovo con chiavi interpretative di quel territorio che… aprano le porte di quel mercato.
Naturalmente, è un sistema che va verificato, non sono concetti che si autoconfermano.
La prova – dura e concreta – del confronto con il mercato è la sola cartina al tornasole che un modello è corretto.
Per noi, i dati di vendita dei singoli showroom nelle varie regioni d’Italia sono il continuo banco di prova delle nostre idee.
• Che cosa distingue un modello da un altro, nella distribuzione commerciale?
Ecco quello che distingue il nostro modello di distribuzione commerciale: Gestione a 360° di tutte le fasi di un progetto di tappezzeria sartoriale, che significa creazione di pezzi unici e “su misura”.
Detta così può sembrare un’affermazione un po’ generica, mentre è quanto di più concreto vi possa essere, se scomposta in tutti gli elementi che la compongono: Prototipazione – Produzione – Comunicazione – Relazione con il cliente – Vendita – Distribuzione – Logistica – Post-vendita
•Qual è la cultura aziendale più adatta a inserirsi commercialmente sui vari territori del nostro paese?
Abbiamo un punto di vista molto forte sulla cultura aziendale, chi ci conosce lo sa.
Noi pensiamo che tutto passi dalle persone.
Non solo per ciò che concerne la qualità del prodotto, ma per la qualità dell’azienda.
E anche nell’affrontare un nuovo territorio, il fattore chiave, quello che può fare la differenza tra un’iniziativa commerciale di successo e un flop, sono le persone.
Non si tratta di job description e di curriculum vitae.
Si tratta di relazioni, vere e profonde, con la community di riferimento e con il territorio.
Per questo motivo, il nostro nuovo showroom di Padova nasce intorno alla figura di Andrea Rossato, che la nostra azienda conosce da moltissimi anni, che ha un legame profondo con la sua terra e con le persone che la popolano.
Come abbiamo già avuto modo di affermare, solo Andrea poteva aprire lo showroom BertO di Padova, e non si tratta di una frase ad effetto, ma di un fattore strategico per noi fondamentale e inderogabile. Sarà che viviamo il rapporto con il cliente in un modo totalmente personale (come potremmo creare dei pezzi su misura altrimenti?), sarà che sappiamo lavorare solo così, ma per noi una proposta lavorativa è prima di tutto la proposta di una relazione, qualcosa che di certo non è un CV, ma una persona con le sue passioni, le sue caratteristiche, i suoi legami.
Ci sembra che tutto questo possa essere definito un modello distributivo, qualcosa che noi sentiamo come corretto.
Ma la cosa che più conta non è certo quel che pensiamo noi.
Siamo infatti portati a dare credito alle cose che ci vengono dette dall’esterno, e l’apertura di un nuovo showroom è, in questo senso, un’occasione di dialogo preziosa.
A questo proposito, ci piace riportare, in chiusura di post, qualche frase che ci siamo sentiti dire in questi frenetici giorni veneti.
Una signora, tra le prime persone ad entrare nello showroom sabato scorso:
“Vi seguo online, da tempo. Sono venuta a trovarvi perché ho stima e ammirazione di un’azienda italiana che investe in Italia, e ora che vi conosco direttamente posso testimoniare che quello che andate raccontando in Rete corrisponde a verità“.
Un signore di una certa età:
“Vengo da Verona, ho guidato un bel po’ di km per venire a vedere il vostro showroom. Ci serve un divano, ma in fondo siamo venuti perché voi credete nella nostra terra e quello che ci serve davvero è qualcuno che investa e crei lavoro. Grazie“.
La delegazione di Confartigianato Veneto:
“Siamo orgogliosi di potervi dare il benvenuto in Veneto: conosciamo il vostro lavoro e la vostra capacità straordinaria, siamo certi che la nostra terra saprà darvi le soddisfazioni che meritate“.
Un contatto personale di Filippo Berto, alla vigilia dell’apertura, via messaggio Linkedin:
Il tuo “fare impresa” è indissolubilmente legato al tuo saper “fare comunità”, che per te è “comunità condividente” (condivisione di desideri, volontà, conoscenza, capacità, tempo, storie, cultura, temperamenti, sensibilità, progetti, responsabilità e poi anche di mezzi e strumenti). Impresa che si fa poi (o contemporaneamente) “comunità aperta” ai vicini e agli amici (e fin quì potrebbe forse essere facile) ma anche ai collaboratori, fornitori, estimatori, clienti, concittadini, fan e follower della rete…(e questo è molto più difficile ma a mio avviso originale, geniale e…contagioso!)”
Fermiamoci qui: parole più belle di quelle dell’amico Giuseppe Ripani non avremmo saputo trovare, anche volendo.
Le vogliamo tenere come viatico per questa difficile e impegnativa avventura della distribuzione estesa che abbiamo intrapreso: ne avremo bisogno, e cercheremo di non smettere mai di meritarci complimenti così autentici e sentiti.