Ieri sera ho partecipato a un evento al Teatro Belloni di Barlassina organizzato da Confartigianato Meda e finanziato da alcune nostre imprese. Dalla presentazione, avevo intuito che fosse una cosa forte, ma non me l’aspettavo così sconvolgente.
Uno spettacolo teatrale prodotto dalla compagnia Teatro in-Folio: Crazy For Design, testo e regia di Michela Marelli e Francesca Molteni. Con Giulia Versari, David Remondini e Diego Ronko.
3 attori in scena, vestiti con abiti quotidiani, soli e senza nessuna scenografia. A supporto solo audio e pezzi di video. A trascinarli verso il pubblico la forza dell’imprenditore demiurgo, degli architetti entrati nella storia, insieme agli artigiani e al contributo essenziale di ottimi tappezzieri e mobilieri.
La storia che hanno raccontato ieri sera è la storia di un pezzo d’Italia, quella del dopoguerra e oltre, vissuta da uomini che hanno visto la magia e l’hanno trasformata in Vespa e Bialetti.
Alcuni nomi: architetti come Gio Ponti, Ettore Sottsass, Marco Zanuso, Achille Castiglioni, aziende come B&B, Kartell e Cassina, imprenditori come Pierino Busnelli o Rosario Messina.
E’ tutta gente che ha inventato il design e l’ha fatto conoscere in tutto il mondo, dallo “stile Olivetti” a Philipe Stark.
Quella di ieri è stata una messa in scena di storie sul design. Ed è stata dirompente.
Sono tornato a casa con 3 pensieri molto precisi:
1. L’ORGOGLIO di sentirmi parte di un ingranaggio, di far parte di un territorio e di questo mondo straordinario.
2. La FORTUNA di abitare qui, in Brianza, con esempi incredibili che ogni giorno ti motivano. Storie di aziende, imprenditori, designers, artigiani e collaboratori. Ti lasci trascinare dalle loro storie e dai loro prodotti, con la voglia di non essere da meno e di lasciare anche tu un segno.
3. CHI CONOSCE QUESTA STORIA? Io, i colleghi di confartigianato, gli attori, la Brianza e la facoltà di design industriale, forse. Chi conosce il retroscena della storia di Pierino Busnelli?
Dobbiamo impegnarci a raccontare queste storie al mondo. Iniziando a raccontare bene la nostra.
Non possono essere solo un ricordo sbiadito del passato. Il dopoguerra è passato, e noi oggi?
Il dramma finale è: oggi noi cosa siamo chiamati a fare? Qual’è il ruolo delle nostre aziende? Come possiamo lasciare il segno? Come possiamo dare valore alla produzione? Come scriveremo il nostro pezzo di futuro con la quotidianità?
Sarà questo il nostro #futuroartigiano?