A pochi giorni dal termine della seconda edizione della Maker Faire Rome, curata da Riccardo Luna e Massimo Banzi, continuiamo a dialogare con alcuni amici per capire da loro qual’è stata la portata dell’evento e riflettere sui risultati raggiunti.
Gli artigiani presenti alla manifestazione erano tanti.
Quelli analogici, quelli che hanno intuito che il mondo sta prendendo una nuova direzione e che vogliono capire da vicino quale sia.
Poi c’erano gli artigiani digitali, quelli che guardano i loro vicini sapendo che il “sapere della mano” non è ancora stato stampato in 3D.
Infine c’erano i tantissimi nuovi artigiani/makers che sognano e costruiscono, progettano e innovano.
Chi c’è stato, e chi è tornato a raccontarci cosa ha visto e sentito, ci ha fatto capire subito un fatto importante: i tre artigiani sopra descritti forse non esistono più.
La consapevolezza che i temi trattati alla Maker Faire non siano solo per pochi è dimostrata dai numeri e dai risultati raggiunti: 100.000 persone in oltre 70.000 metri quadri all’Auditorium Parco della Musica a Roma.
Ieri è stata la volta di Luca Carbonelli, oggi invece abbiamo chiesto un commento a Stefano Schiavo, Founder and partner di Sharazad.
Berto Salotti: Qual è il ricordo più bello che ti porti a casa da MFR14?
Stefano Schiavo: Rispondo a caldo… Il ricordo più bello è stata l’energia di tutti i partecipanti.
È questo che ha permesso, in particolare nell’area degli Artigiani Innovativi curata da Stefano Micelli, di trasferire una cultura innovativa e in molti casi profondamente tecnica anche a famiglie e curiosi.
Uscire da una torre d’avorio tipica di un’avanguardia illuminata, che però diviene facile e rassicurante rifugio che impedisce di confrontarsi con un pubblico più vasto, è una necessità ineludibile per chi oggi affronta il tema dell’innovazione.
Saper coinvolgere i visitatori della Maker Faire era una sfida difficile che è riuscita pienamente.
Grazie Stefano!